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Viaggio in Islanda

di Luca Panaro

Sono da poco tornato da un viaggio in Islanda, per 15 giorni ho accompagnato un gruppo di escursionisti in questa terra meravigliosa. Hanno partecipato 13 persone, più tutte quelle parti di me che all'Islanda si sono avvicinate una alla volta…

La prima parte di me è arrivata con quel bambino affascinato dai racconti di Jule Verne, dalla discesa nel Vulcano dal nome impronunciabile: lo Snaeffelsjokull. All'epoca vivevo a Volterra, in campagna, mi ricordo ancora la televisione in bianco e nero, ma la lettura di Verne trasformava quel libro in un meraviglioso film in 3D, ad altissima definizione, a colori e di una qualità insuperabile anche dai cinema moderni. E non avevo nemmeno bisogno degli occhiali 3D! Devo dire che quando ho visto per la prima volta il vulcano di Verne e ho percorso la penisola di Snaefellsnes, a parte l'ovvio fremito iniziale, sono rimasto un po' deluso... il paesaggio è bello ma, in tutta sincerità per me, niente di che se paragonato al resto dell'isola. Ma perché Jule Verne, tra tutti i vulcani ha scelto proprio quello, così... “normale”?

A seguire è arrivato, più adulto, il Geologo, perché già, come il Prof. Otto Lidenbrok del “Viaggio al centro della Terra”, sono un geologo. Camminare sopra la dorsale medio - atlantica è, per un geologo, un'emozione unica. Già, si cammina dove tutto ha inizio, ci si ricollega con Wegner e la sua “teoria sulla deriva dei continenti”, ci si ricollega ad un tempo in cui tutti i continenti erano uno e a quando ne è iniziata la separazione. Ci si ricollega ad un lento movimento di apertura e nascita che, come un geologo sa bene, è intimamente ed inevitabilmente legato ad un lento movimento di chiusura e “morte” da qualche altra parte. In realtà, non c'è un inizio ed una fine, tutto si trasforma continuamente: la nuova crosta fuoriesce dalla dorsale e spinge i continenti alla deriva. Poi, dopo milioni di anni, si inabissa per trasformarsi di nuovo in magma incandescente, lo stesso che darà ancora inizio a nuova crosta. E' un ciclo continuo di trasformazione, di nascita e morte, di unione e di separazione in cui un processo esiste grazie all'altro, in cui l'inseparabile crea separazione.

Ovviamente, per la fortuna dei partecipanti, è arrivato anche quel Luca che è la guida!! E' buffo per me pensare che le mie prime esperienze di guida, guarda caso, sono iniziate tanto tempo fa alle Eolie, proprio in quelle isole da dove, dopo mesi di cammino e navigazioni sottoterra, sono usciti Il Prof. Otto Lidenbrok, suo nipote Alex e il servizievole, affidabile ed indistruttibile Hans. Per me le Eolie sono state l'inizio di una grande avventura che ancora continua, per loro la fine di un grande viaggio, creato da Jule Verne e iniziato proprio in Islanda. Una guida ha un gran voglia di condividere ciò che ha già visto, di far camminare gli altri dove ha già camminato, di indicargli la via ed il percorso che egli stesso ha già fatto una o più volte. E le cose da condividere in Islanda non mancano: le numerose formazioni di basalto colonnare, le cascate di DettiFoss, il Ghiacciaio Vatnajokull, la caldera dell'Askya, l'imponente fiume Jokulsa, l'arcipelago di isole Westmannaeyer. Io sono stato fortunato: la prima volta ho percorso l'Islanda con Marco Calò, guida, esploratore nell'ombra e titolare dell'agenzia per la quale ho lavorato. Non scrive libri lui ma ha vissuto avventure degne di essere scritte in un libro ma che condivide con i partecipanti ai suoi viaggi. Venticinque anni fa ha percorso queste terre in solitaria, a piedi ed in bici, è diventato un mito per gli islandesi che ne hanno raccontato le avventure a lungo.

Infine è arrivato il camminatore puro, l'esploratore, l'avventuriero, il “cercatore”. E' arrivato il richiamo per il camminatore solitario, silenzioso, lento ed impeccabile nel passo. E' arrivato con il deserto. Il deserto freddo più grande di Europa mi ha richiamato fortemente all'avventura, mi ha sfiorato il cuore e ha fatto vibrare in me, nuovamente, le semplici e conosciute parole “Parti e cammina da solo”. E' arrivato il richiamo del deserto, con le sue atmosfere crude ed affascinanti che tanto mi ricordano quello del Selvaggio Nord dei racconti di Jack London.

Sembra semplice camminare in questi luoghi: tutto è a vista, non ci sono animali pericolosi, non fa mai buio in Giugno e la possibilità di seguire la pista per le poche macchine che di li passano, dà sicurezza. Sembra semplice, agli sprovveduti. Il clima può cambiare con una velocità incredibile, la visibilità ridursi a pochi centimetri nel giro di pochi minuti, il vento rendere impossibile il passo. Non sono pochi quelli che hanno terminato in Islanda il loro cammino, per sempre.

Avere buon senso, preparazione e un buon equipaggiamento può fare la differenza. Ed allora ecco che è arrivata la collaborazione con SCARPA già, perché quest'anno, per la prima volta, ho indossato le R-EVOLUTION PRO GTX di SCARPA. Ogni volta che l'Azienda mi propone un prodotto nuovo sbuffo sempre un poco perché penso: “Cosa c'è da migliorare, le ultime scarpe erano perfette!”. Poi bastano pochi passi per ammettere due cose: la prima è che ancora una volta mi sono, fortunatamente, sbagliato. La seconda cosa è che SCARPA, ancora una volta, ha superato se stessa. Queste scarpe saranno le compagne perfette per il mio cammino in solitaria.

In alternativa si può scegliere di camminare per giorni partendo o arrivando a Landmannalaugar, dove c'è quello che il National Geographics ha definito come uno dei cinque trekking più belli al mondo, però li il flusso di persone è incredibile, i sentieri sono vere e proprie autostrade, tutto si trasforma in un cammino di tanti gruppi uno dietro l'altro. 

Nel deserto no, li si è soli, soli per camminare e scendere dentro di sé, in profondità. Sembra essere questo l'invito di Verne, arrivare al centro di sé, camminando, camminando e ancora camminando. E forse ha scelto quel vulcano proprio perché il “cercatore” vero non ha una forma ben precisa, anzi, forse è proprio quello che, più di tutti, vive nell'ombra e che con dedizione, desiderio e coraggio cammina verso se stesso. Non deve dimostrare niente a nessuno. Non ha tuniche e barbe bianche da santone, ma buoni piedi, non sbandiera e ostenta il suo operato, ma continua a camminare con un obiettivo chiaro: se stesso. Cammina incessantemente verso la propria meta, perché “nessun luogo è lontano”, tantomeno il proprio cuore. 

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