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VIVERE IL MOMENTO

Sean ha iniziato ad arrampicare a 13 anni presso la palestra della sua città natale, Bruxelles, in Belgio. È lì che ha incontrato il suo vecchio amico e compagno di arrampicata Nico Favresse. “Io e Nico avevamo la stessa passione ed energia, così abbiamo cominciato ad arrampicare e ad allenarci insieme: tutti e due davamo sempre il massimo”, spiega Sean. Alimentando l’uno la passione dell’altro, hanno fatto progressi in palestra grazie a un circuito di allenamento giovanile e creativo. “Arrampicavamo fino al limite fisico, poi riempivamo degli zaini con bottiglie d’acqua o qualsiasi peso riuscissimo a trovare e facevamo pull-up fino allo sfinimento totale. A volte arrivavamo al punto di non riuscire quasi a camminare fino a scuola il giorno dopo”, racconta Sean ridendo. Oltre a essere il luogo in cui Sean ha ideato il suo non convenzionale metodo di allenamento, la palestra di arrampicata è stata il punto di partenza delle avventure che sono la base del lifestyle di Sean. 
 


 Pur avendo solo 16 anni “io e Nico ci incontravamo in palestra, magari ci allenavamo un po’ e poi partivamo per le vacanze estive facendo l’autostop verso il sud della Francia. Eravamo concentrati sull’arrampicata sportiva, ma in quei viaggi l’esperienza in sé era tanto importante quanto arrampicare: già riuscire ad arrivare era una grande avventura. Quando i vari passaggi che ricevevamo ci conducevano a destinazioni inaspettate, mettevamo via la mappa dove avevamo segnato i posti più adatti e ci guardavamo intorno per capire dove fosse la parete rocciosa più vicina, arrampicavamo per un giorno o due e poi proseguivamo, finché finalmente raggiungevamo posti come Ceuse”. Che si trattasse di trovare un passaggio, punti in cui arrampicare o posti in cui bivaccare (compresi bagni lungo la strada e grotte), sono state queste esperienze a dare a Sean il gusto per l’avventura. 
 


 A 22 anni, il fascino di qualcosa di più grande ha attirato la sua attenzione, perciò lui e Nico hanno deciso di fare multipitch lunghe sul Reticone, in Svizzera. Dopo aver scelto uno dei percorsi più difficili tra quelli presenti nella guida, e dopo aver convinto Nico (erano “andati lì per quello”, no?), i due hanno affrontato la Headless Children (8b, 250m). Tra Nico perso per 60 metri di arrampicata senza protezioni sul primo tiro, Sean che fa una caduta di fattore due dopo la rottura di un aggancio e la discesa affrontata durante una tempesta elettrica in avvicinamento (cosa di cui erano ignari), erano entrambi eccitatissimi. Dopo questa esperienza, “ci siamo resi conto che avevamo bisogno di più avventure come quella, in parete, e quindi il nostro avvicinamento a questo genere di arrampicata è venuto da sé. Ci attirava l’esperienza nella sua globalità, e ci piaceva stare all’aperto”, racconta con entusiasmo Sean. Dopo la Svizzera, il duo belga si è perfezionato nello Yosemite, nel 2004. Qui hanno sperimentato la vita in portaledge, sospesi sopra la valle mentre scalavano il Freerider (VI 5.13a, 1000m).  
 
 Nel 2005 sono partiti alla volta della Patagonia per la loro prima vera spedizione, e hanno completato l’ascensione del Riders on the Storm (VI 5.12d/, 1300m) quasi sempre in libera. Oggi, quindici anni dopo e dopo aver concluso un’enciclopedia di spedizioni, l’amore di Sean per l’avventura non è scemato. È stato questo a portarlo in giro per il mondo, a stabilire nuove linee e ascensioni in libera, con un piacere masochistico dato dalle fenditure difficili che, a parola sue, si sposa con una passione per “le off-width umide e muschiose di prima mattina”. Questo è lo stile con cui ha eseguito salite che sono fonte d’ispirazione, dall’Europa al Nord America, dalla Patagonia alla Groenlandia, all’Africa. Tra i suoi risultati figurano l’ascensione FFA di El Regalo De Mwono, sulla Torre Centrale di Torres del Paine in Patagonia (VI 5.13b, 1200m), la prima ascensione (tutta in libera) del Devils Brew sulla Impossible Wall in Groenlandia (5.12+ 850m) e la prima ascensione del Fire in the Belly sul Tsaranoro Atismo in Madagascar (8a+, 700m).
 


 Mentre parla delle sue avventure, però, non sono i gradi estremi o i movimenti difficili in condizioni pressoché impossibili che lo fanno emozionare. Per Sean, nelle spedizioni, nell’arrampicata e nello stile di vita a queste collegato, l’importante è godersi l’esperienza globale, non i singoli movimenti, né inseguire i gradi. Come spiega lui stesso, “l’idea dell’avventura e di come dovrebbe essere una spedizione include tutto: ecco perché siamo disposti a fare avvicinamenti lunghi, ad aspettare che le tempeste passino e a portare con noi cose che non servono affatto per arrampicare, come gli strumenti musicali”. L’atteggiamento rilassato di Sean, però, non deve trarre in inganno: le sue non sono salite di grado moderato. Questa mentalità è uno strumento che gli permette di divertirsi, mantenere la motivazione e godersi il percorso per raggiungere obiettivi lunghi e complicati che, per molti, risulterebbero incomprensibili, specie se abbinati alla filosofia di non usare spit, o di usarne il meno possibile. Gli strumenti, le canzoni e le jam session in parete sono alcuni dei suoi segreti per godersi l’esperienza a 360° e mantenere la motivazione, anche nelle condizioni più dure. “Senza la musica, quando il tempo si fa brutto, potrei solo starmene lì ad aspettare nel portaledge, cosa che ti risucchia motivazione ed energia”, spiega. “Suonare aiuta a ricordare di vivere l’esperienza nella sua interezza, di godersi il momento, e che il prossimo tiro non è la cosa più importante. Poi, quando torna il bel tempo, ci si sente vivi”. 
 


 Questa filosofia emerge in molte delle sue vie più complicate, inclusa l’ascensione della Impossible Wall in Groenlandia, impresa per cui lui, Nico e Ben Ditto hanno ricevuto la Golden Ice Axe, nel 2011. Una situazione che, spiega scherzoso, “in realtà non richiedeva una ice axe, un’ascia da ghiaccio; in compenso noi ci siamo portati una chitarra e un fischietto”. Concentrarsi sul vivere ogni avventura appieno ha permesso a Sean di fare del mondo la propria casa. E anche se tecnicamente risiede in Belgio, è lì di rado. È più facile trovarlo in qualche sperduta regione montuosa o in viaggio su un piccolo van, mentre condivide la propria passione per l’arrampicata e le proprie storie con la community. Anche durante la stesura di queste righe, Sean ha inaspettatamente trascorso quasi un anno a El Chaltén, in Argentina, una decisione spontanea presa dopo il blocco dei voli e le restrizioni ai viaggi dovute al COVID-19 mentre partecipava a una spedizione in Patagonia, all’inizio del 2020. Deciso a evitare un’evacuazione disorientante dal punto di vista strategico, e con ogni probabilità inutile, ha deciso di trascorrere l’inverno in un caravan e di godersi la piccola comunità.
 


 La maggior parte dei giorni, Sean è fuori ad arrampicare, nuotare e correre. Quando non si allena, impiega il suo tempo in corsi di lingue online, imparando a suonare la cornamusa irlandese e lavorando al proprio storytelling. Ora che la stagione è cambiata, è impegnato anche ad aiutare nella costruzione e nel giardinaggio gli amici che hanno terre. L’anno inaspettato in Patagonia è solo un altro dei capitoli delle storie ispiratrici di Sean. Per la gioia di chi è alla ricerca di motivazione e divertimento, Sean ha rivelato di avere talento anche come video-maker e ha girato documentari per condividere storie e avventure dalle sue imprese in tutto il mondo. Sean riempie i propri racconti di humor, musica e salite che ti lasciano senza fiato, ma contemporaneamente ti permettono di goderti delle melodie piacevoli e allegre. Quindi, prima di allacciarvi le scarpette, pianificare un viaggio o focalizzarvi sui gradi, esplorate una delle sue storie leggendarie. Perché, anche se come arrampicatori possiamo non condividere la sua passione per le “off-width umide e muschiose”, è difficile non sentirsi ispirati da una persona che ha fatto della passione per l’arrampicata la propria guida in modo così totale e naturale come Sean Villanueva O'Driscoll. 
 
Credits: Tristan Hobson
Photo credits: Ben Ditto, Sean Villanueva, Alexandre Eggermont
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