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GIULIA E QUELLA PIOGGIA TRA I MONTI CHE TI FA TORNARE LA VOGLIA DI GAREGGIARE

Per nove anni di fila protagonista ai campionati mondiali di scialpinismo, adesso per Compagnoni iniziano le sfide tra i grandi.
La pioggia tra i monti come toccasana esistenziale. La laurea in scienze motorie, l’esercito e allenamenti tanto duri da causare overtraining. Ma anche la rinascita, la costanza e risultati senza precedenti. Sta dentro questa parabola la carriera di Giulia Compagnoni. Classe 1996, è nata e cresciuta vicino a Bormio, in Valfurva, in provincia di Sondrio. Una vita dedicata alla montagna: dalle passeggiate col papà alle gare di scialpinismo giovanili. Ma senza che nulla sia mai scontato, nella sua vita sportiva e personale Giulia ha dovuto sanare ferite inaspettate. Ma c’è sempre riuscita, e i risultati la stanno portando ai vertici nazionali dello scialpinismo donne.

Giulia, partiamo dalla fine. Partiamo dall’8 febbraio, a Berchtesgaden, in Germania. Che emozioni si prova ad arrivare quarti tra i grandi?
“Lo scorso anno la stagione non era stata eccezionale. Ero arrivata terza ai mondiali Under 23 ma rischiavo di restare fuori dalla squadra nazionale. Ho dovuto lottare, ma alla fine sono riuscita a strappare il biglietto per le tappe di Coppa del Mondo. La gara è stata durissima, galleggiavo attorno al sesto posto. Poi due salite verticali e sono sbucata al traguardo in quarta posizione. Che soddisfazione, credo sia la gara più importante della mia carriera”.



E pensare che di sfide ne hai vissute a centinaia, da quell’esordio giovanissima a 15 anni.
“Ricordo ancora gli inizi, quando con sei amiche decidemmo di fondare quello sci-club. Poi arrivarono le competizioni in Coppa del Mondo di categoria, vinsi tra i cadetti già nel 2011. Da allora, ho gareggiato in coppa del mondo per nove anni consecutivi. Ogni gara ha la sua storia e la sua emozione, ma il quarto posto in Germania ha significato davvero molto per me”.

È arrivato infatti dopo un paio di stagioni buie, tra il 2017 e il 2018 sembravi spenta. Cosa è cambiato?
“Quattro anni fa sono entrata nell’esercito. Prima di allora, ero abituata a considerare la montagna un passatempo, dando la priorità allo studio: sto portando a termine la magistrale in Scienze motorie preventive ed adattate, quella che ti permette di insegnare. Nell’esercito i ritmi sono cambiati: allenamenti durissimi e carichi enormi. Io non ero abituata a tutto quello sforzo, a tutti quei chilometri, a tutto quel dolore che non produceva risultati concreti e immediati: sono finita in overtraining”.

Brutta bestia, quella della fatica che ti sembra inutile. Come ne sei uscita?
“Serve gestire la mente, prima ancora che i muscoli. Già da ragazza avevo avuto dei piccoli disturbi alimentari, trovai la cura passeggiando tra i monti grazie a mio padre, che mi convinse che serviva mangiare bene per poter ammirare quei paesaggi faticosi da raggiungere. In quei mesi di overtraining ho avuto un gran appoggio da Marco De Gasperi, che mi ha messo in contatto con un mental coach. Ho resettato il cervello, buttato via l’orologio e sono tornata tra i monti a fare quello che mi piace davvero: vivere con calma la bellezza della natura, meglio se in compagnia di un amico: sciare per la gioia di farlo e non per il risultato. Ho ritrovato me stessa, ed eccomi qua”.


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E adesso che sei pronta alle nuove sfide, ti sei già data degli obiettivi?
“Non ho mai corso una Grande Course, mi piacerebbe provare a gareggiare nella Mezzalama o alla Pierra Menta, sono sfide epiche”.

Nell’attesa, quest’estate potrai di nuovo tornare a vivere tra i monti senza lo stress del cronometro.
“Mi piacerebbe rimettermi a correre, gareggiare in qualche skyrace. Ma anche fare qualche bella camminata. Tra i monti sento quella libertà che altrove non percepisco. Mi rilassa, devo sparire in qualche sentiero almeno un’ora al giorno per ritrovare me stessa e la pace dentro la mia anima. E se piove, poi, è anche meglio: sentire le gentili dita d’acqua che ticchettano sul guscio protettivo è meraviglioso”.

Credits: Maurizio Torri
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