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Ueli Steck, la grande traversata Everest - Lhotse e l'alpinismo da inseguire

Intervista a Ueli Steck alla vigilia della sua partenza per il Nepal

Si preannuncia una stagione interessantissima in Himalaya. Nelle prossime settimane un gran numero di alpinisti si confronterà con l’altissima quota. Tra questi c’è anche Ueli Steck, l’asso svizzero che ha in mente un progetto che se realizzato aggiungerà un’altra pagina di storia dell’alpinismo, non solo himalayano. Steck infatti, insieme a Tenji Sherpa, tenterà di compiere la prima traversata di Everest e Lhotse. Cioè di concatenare senza soluzione di continuità gli 8848 metri della cima della montagna più alta con la vetta dell’altro gigante che le sta accanto, il Lhotse, che con i suoi 8.516 metri di altezza è la quarta più alta della terra. Naturalmente il tutto senza ossigeno e con un piano di salita molto ardito… Va da sé che si tratta di un progetto davvero difficile - non a caso è stato sognato in passato da altri grandi alpinisti - e dalla riuscita per nulla scontata, anzi! Ma, come ci ha spiegato lo stesso Ueli Steck in questa intervista, è ben questo l’alpinismo che lui insegue e sogna.

In estrema sintesi Ueli, qual è l'idea principale della spedizione?
Salire sull'Everest e sul Lhotse con un’unica salita. L'idea è quella di salire il Couloir Hornbein fino in cima all'Everest, per poi scendere al Colle Sud e da qui tirare dritto fino in cima al Lhotse.

Innanzitutto perché questa traversata?
Beh, so che sono in grado di scalare l'Everest senza ossigeno supplementare, quindi ora voglio vedere quanto tempo riesco a stare a quelle quote. Fare la traversata è molto interessante perché sull' Everest e il Colle Sud sei sempre al di sopra degli 8000 metri, e poi vai a salire una seconda montagna. Il concetto è simile per certi versi alle Alpi, una volta che sei capace di salire in cima ad una montagna, vai oltre, tenti di collegare più montagne una dopo l’altra.

Allora quanto tempo pensi di riuscire a stare a quelle altitudini, con quella intensità?
Non lo so! È per questo che voglio andare lì e scoprirlo! (ride) Penso che il progetto sia molto difficile, ma credo che sia possibile. So che dovrò stare molto attento a non salire l'Everest troppo velocemente, altrimenti finirò per essere troppo stanco quando raggiungo il Colle Sud.

Spiegacelo meglio
Mi sa che sarà un gioco mentale davvero interessante, e in qualche modo lo interpreto come una corsa di lunga distanza. Se paragoni la salita all'Everest ad una maratona di 42 km, il passo successivo potrebbe essere un’ultra-maratona di 100 km, ecco quindi la traversata Everest -Lhotse. E se decidi di correre un'ultra-maratona, devi ovviamente essere molto più lento nei primi 42 chilometri se vuoi completare tutti i 100 km. Sì, sarà certamente un'avventura interessante.

Ecco... sai che adesso alcuni alpinisti duri e puri ti considereranno poco più che un atleta...
Sì! Ma questo è quello che mi interessa, questo è ciò che ha sempre guidato la mia scalata. Voglio sempre scoprire il mio limite, vedere ciò che è possibile. Forse è questo che mi differenzia da molti altri alpinisti. Non sono costantemente alla ricerca di un una cima inviolata, per me ha un'importanza secondaria. Quello che cerco è capire ciò che è umanamente possibile fare.

 

Detto questo, anche gli alpinisti / atleti sanno apprezzare la bellezza e rispettare le montagne…
Sì, naturalmente! Questa è la cosa bella del nostro sport; siamo là fuori, e non tutto ruota attorno alla prova fisica, siamo lì anche per vivere la montagna, per conoscerla, per stare sulle montagne per tutto il tempo di una spedizione. Questa è una parte molto, molto importante e bella dell’alpinismo.

Nel 2000 abbiamo intervistato Hans Kammerlander e gli abbiamo chiesto della traversata Everest - Lhotse, all’epoca Simone Moro aveva intenzione di tentarla con Denis Urubko. Kammerlander ci ha detto che era un progetto per le generazioni del futuro. Erhard Loretan ci ha detto più o meno lo stesso nel 2009. Allora adesso è arrivato il futuro?
Questo è interessante. Come ho detto, credo che il progetto sia possibile, ma non so quanto grande sarà il passo da fare per salire insieme l' Everest e il Lhotse, semplicemente non lo so. Ma è proprio questo che lo rende interessante. Il motivo per cui tenterò di farlo è perché fisicamente so che è possibile. Quando ho scalato l'Everest nel 2012, al Colle Sud dopo la discesa mi sentivo bene, non ero sfinito. Conosco l'Everest, sono già stato a quelle quote un paio di volte e so che il mio corpo reagisce bene all’altitudine, e questo è il motivo per cui voglio tentare questa traversata.

Una traversata che ricordiamo ancora non è mai stata realizzata prima... Allora Ueli, perché la vuoi rendere ancora più difficile? Perché Couloir Hornbein, invece di salire lungo la via normale fino in cima all’Everest, ritornare al Colle Sud e poi salire il Lhotse?
Ho già salito l'Everest da sud lungo la sua via normale, ora lo voglio salire da un’altra via. Da alpinista, salire la via normale sull'Everest non ha lo stesso valore che salire l'Everest attraverso una via diversa, senza tutta quella folla. Sto semplicemente cercano un'esperienza più grande, e questa è una sfida più grande che, ai miei occhi, ha più valore. So che sarà più difficile, e devo anche essere onesto con me stesso, forse arriverò in cima al'Everest e mi renderò conto che il Couloir Hornbein è stato troppo difficile e che sono esausto. Ma anche in quel caso sarò felice perché finora nessuno ha mai ripetuto la via originale del couloir Hornbein. Quindi questa sarebbe già un’avventura molto, molto bella.

Insomma vuoi salire l'Everest lungo la via aperta dagli statunitense Tom Hornbein e Willi Unsoeld nel 1963 perché questo alza l’asticella non una volta soltanto, ma due!
Sì! Mi piace! Non sono qui per avere una vita facile (ride). Ad essere onesto, quando si parla di ghiaccio tecnico, per me non c'è grande differenza tra salire il Couloir Hornbein o la via normale sull'Everest, non credo che farà una differenza enorme perché sono abituato a “camminare” su questo tipo di terreno, non dovrebbe cambiare molto quindi. Poi per me è importante avere obiettivi grandi, sogni grandi e tentare di realizzarli. E anche se non raggiungo la vetta, non lo riterrò un fallimento. Fallire per me è non provarci nemmeno.


Sappiamo che tenterai questa avventura con un compagno di cordata speciale. Ce lo puoi presentare?
Sì, arrampicherò con Tenji Sherpa, ci conosciamo già da molto tempo. Appartiene ad una nuova generazione di Sherpa che amano veramente l’alpinismo. Per loro, l'alpinismo non è soltanto un business. E questo è il motivo per cui andiamo così tanto d'accordo. Tenji è il mio compagno di cordata in questo progetto, non è lo Sherpa. Abbiamo salito la parete nord del Cholatse insieme, l'estate scorsa era qui in Svizzera ad arrampicare con me. Condividere questa montagna con lui sarà una bellissima esperienza.

Quanto è forte Tenji tecnicamente?
Non ho alcun dubbio che su questo tipo di terreno non avrà alcun problema. Su questo tipo di terreno gli Sherpa sono super forti. Forse gli Sherpa non sono super tecnici alpinisticamente parlando, ma bisogna essere onesti, il Couloir Hornbein ha soltanto due tiri che sono un po‘ più ripidi, tutto il resto si aggira attorno a 45°, 50°, quindi non è super tecnico. Esattamente quel tipo di terreno che lui è in grado di gestire molto bene.

C'è una qualità di Tenji che invidi?
Gli Sherpa non hanno mai freddo, non hanno mai caldo, sanno affrontare molto meglio le temperature visto che sono sempre in montagna. Un esempio: quando Tenji e io abbiamo salito l'Everest nel 2012, lui ha usato lo scarpone Phantom Ultra. Il più leggero della gamma Phantom, senza LINER, e io continuavo a dirgli “non è possibile, perderai tutte le dita dei piedi.” Ma lui no, per lui non era un problema. Se avessi fatto lo stesso, avrei perso tutte le dita dei piedi, di sicuro. È pazzesco! Da allora, ogni volta che qualcuno mi chiede se questo scarpone è abbastanza caldo, rispondo che è stato utilizzato per salire in cima all'Everest!

E se pensi agli Sherpa in generale, cosa ti colpisce di più?
Una cosa veramente interessante è il modo in cui sono in grado di accettare una data situazione. Se sono in montagna, non si lamentano mai e accettano la situazione per quello che è. Credo che questo faccia parte della loro cultura, accettano la situazione e non si lamentano mai.

Ritornando alla traversata: qual è la tua strategia di salita?
Ho pensato a diversi scenari, al momento ovviamente non posso dire quanto veloci saremo a salire Everest, molto dipende dalle condizioni. Avremo un buon campo al Campo 2, da lì non so ancora se saremo costretti a dormire sul spalla ovest o se riusciamo a salire ancora più in alto. Forse avremo bisogno di fare due bivacchi, è una possibilità, vedremo...

Due bivacchi durante la salita dell'Everest?
Sì. Ma naturalmente non mi piace l'idea di due bivacchi. Credo sia possibile salire fino in cima all’Everest tutto di fila dal Campo 2. Ma, partendo dal Campo 2, un bivacco sarà certamente necessario perché altrimenti forse saremo troppo stanchi per proseguire fino in cima al Lhotse. Quindi questa è grosso modo la strategia, ma vedremo come si evolverà durante la spedizione.

Avrai già messo una tenda al Colle Sud?
Intendo salire fino al Colle Sud e lasciare una tenda. Saremo aiutati al Campo 2 da Nima Sherpa. Io e Tenj vorremmo salire una volta al Colle Sud come acclimatamento e depositare la tenda, ma sappiamo di dover essere flessibili. Ad essere onesti, ci sono così tante tende al Colle Sud che personalmente non credo cambi molto come lo si fa. Tutta l'infrastruttura è già presente lassù... Poi devo essere sincero, per me lo stile alpino non esiste sull' Everest, non può salire in stile alpino, perché ci sono corde fisse lungo tutta la discesa, ci sono tende ovunque, questo non ha più nulla a che fare con lo stile alpino.


Tanto di cappello per la tua sincerità!
Sai, credo che anche quando si parla di una solitaria sull’Everest è soltanto una stronzata. Non si può più fare così, ci sono così tante persone sulla montagna. Lo stesso vale per una salita in stile alpino, non è più possibile. Se vuoi fare qualcosa in stile alpino, allora devi scegliere una montagna diversa.

Parlando di montagne diverse - un mese fa hai avuto un'esperienza interessante in Nepal con Hervé Barmasse, David Göttler e Nima Sherpa. Perché eri li?
Oh, solo per un po’ di allenamento in quota. La valle del Khumbu è ottima come punto d’appoggio per allenarsi, sei ad una quota perfetta, non troppo alta, a 4700m. Da lì puoi fare delle ottime corse in quota. Poi l’allenamento dev’essere divertente; trascorro molto tempo allenandomi, è una grande parte di una spedizione e non deve diventare noioso. È stato bello condividere questi momenti con delle belle persone, nella valle del Khumbu ci siamo divertiti un sacco.

Quante probabilità di successo pensi che avrete?
50-50.

Così tante! Pensavamo meno...
No. 50-50.

Quindi, che cosa renderà questa spedizione un'esperienza positiva?
Naturalmente spero di salire in vetta ad entrambe le montagne, come ho già detto è questo l'obiettivo principale della spedizione. Ma sono anche realista e conosco le mie possibilità di successo. Cosa succede se non raggiungo entrambe le cime? Beh, io voglio sempre imparare, tentare di dare il massimo e anche se non raggiungo la cima non lo considerò per nulla un fallimento. L'unico fallimento che posso essere è se qualcosa accade e uno di noi muore.

Il che ci porta alla prossima domanda: come affronti questa incertezza, questo pericolo?
Dobbiamo accettare che quando andiamo in montagna c'è sempre un elemento di pericolo. Di certo è più pericoloso che stare a casa e guardare la TV. Il rischio è una grande componente dell'alpinismo. A volte però siamo troppo ambiziosi. Ho visto gente morire, e questo è qualcosa che dobbiamo sempre tenere a mente. Naturalmente si vuole raggiungere la vetta, ma alla fine non cambierà il mondo. Devi sempre essere consapevole che se succede qualcosa, ne pagherai le conseguenze. Se senti che qualcosa non va per il verso giusto, allora forse dovresti scendere, perché sei soltanto tu, e il tuo problema, non quello degli altri. È così che cerco di affrontare il pericolo, non mi metto sotto alcuna pressione.

Ultima domanda Ueli, riguarda la seconda parte della traversata, il Lhotse. È lì dove le difficoltà cominciano veramente?
No. Ma è lì dove mi immagino di essere stanco. Considero l'intero progetto della traversata completato solo quando saremo tornati al campo 2. Non ho una vera e propria strategia soltanto per il Lhotse, osservo tutto come un unico pezzo, da affrontare un passo dopo l'altro. Naturalmente, quando saremo al Colle Sud e cominceremo a salire verso il Lhotse sentiremo le nostre gambe stanche, quindi sarà molto un gioco mentale, continuare a muoverci e salire verso l’alto.

Cosa non vedi l'ora di fare?
Non vedo l'ora di spegnere il mio telefono, di non dover rispondere alle email e andare semplicemente ad arrampicare! Mi rendo conto che quello che faccio è un lusso: andare in montagna, tagliarsi fuori da tutto il resto. Ma è molto, molto importante per me, durante queste spedizioni essere in grado di rimanere da solo, in montagna, concentrandomi soltanto sulla salita e niente altro.

Quando parti dalla Svizzera per il Nepal e, indicativamente, quando pensi di poter tentare la traversata?
Parto sabato (8 aprile), e non tenterò la traversata prima di metà maggio, questo è poco ma sicuro.

Buona fortuna Ueli, divertiti e goditi la tua libertà in montagna.
Grazie. Grazie mille!


Grazie a Planet Mountain per l'intervista 

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